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Motus | Caliban Cannibal

venerdì 14 Novembre
21:00

Ici, avance une marge. Ou alors c’est un centre qui
Recule. 
L’Orient n’est pas complètement Orient
Ni l’Occident parfaitement Occident
L’identité est ouverture à la pluralité
Elle n’est ni citadelle ni tranchée.

Mahmoud Darwich                                                                                                          

(Assonancei.m. Edward Saïd) 

Dopo la “tempesta” un viaggio e un approdo. Temporaneo. Una light emergency tent – leggerissima tenda di primo soccorso per rifugiati – si installa veloce nelle zone vuote di spazi pubblici e privati: dalle piazze, ai parchi, ai centri commerciali… ai teatri.
Non-luogo sospeso e transitorio abitato da due improbabili figure: A + C.
Sono insieme per caso e necessità, precipitati nel rifugio dopo tormentate vicende di naufragi reali ed esistenziali, grandi gesti e rivendicazioni frustrate. Cercano di comunicare senza parlare la stessa lingua. Cercano di raccontarsi, senza voler raccontare tutto, mescolando italiano, francese, arabo… inglese massacrato. Cercano di sostenersi senza aver le forze per poterlo fare fino in fondo.

“A” potrebbe essere Ariel dopo La tempesta, afasica e narcolessica, a confronto con una libertà inseguita negli slogan, ma fondamentalmente temuta. Fragile come il crisantemo, “il fiore della morte”, che ha portato con sé.
“C ”potrebbe essere Caliban dopo l’esplosione dell’isola, dopo l’attentato a Prospero. Dopo i fuochi d’artificio. Dopo la rivoluzione dei gelsomini… Poi una partenza, l’approdo nel Mondo Nuovo, con l’odore di treni sulle mani, uno zaino e un hard disk con i materiali video per un documentario sulle rivolte tunisine ed egiziane, work in progress… Ma anche una valigia piena di libri: non i libri di Prospero, i suoi libri, sottolineati, studiati a memoria, negli anni. Poeti arabi e opere di filosofi francesi: “Foucault, l’artificiere per eccellenza” innanzitutto, anche se scrive nella lingua odiata e amata. Assorbita a forza e mal digerita. Cannibalizzata per ansia di sapere. Per trovare poi altre parole. Nuove/antiche parole…
Il contatto tra A e C è fulminante. Un nuovo maestro? No, semplicemente un fratello.
E la relazione scespiriana si capovolge.

Questi erano i presupposti della fiction a cui volevamo lavorare… ma durante le prove ogni tentativo di ripetizione dello script  è stata divorata dal Tempo Reale, dalla potenza dell’incontro vissuto “in vitro”,  fra le pareti sottili della tenda. Filtro osmotico con il mondo.
Ogni parola, ogni gesto è filmato da due piccole videocamere, one-shot:  ne è nato un film di poesia che riflette il loro sguardo più intimo… Si sono dati in pasto all’ “occhio belva” della camera, abitando realmente lo spazio, viaggiando e dormendo insieme, per conoscersi davvero, provare a rompere gli argini  e « trasformare l’anidride carbonica in ossigeno, come le piante… ». Violent flowers.

Portano sui corpi pezzi di mondi attraversati, detriti di desideri, ora accatastati in un angolo del riparo.
Un rifugio, una dimora temporanea? Un altrove. Senza fondamenta sicure. A rischio di essere sfasciato dalla prima tempesta… ma in ogni caso che problema c’è? Ci si sposta. Se ne costruisce un altro.
Si può anche vivere per abitare solo tempi e spazi circoscritti.
Essere frattura del tempo e dello spazio.

Le Nomadisme comme une Forme de Resistance era il titolo del MucchioMisto Workshop che Dalì ha organizzato con noi a Tunisi, nell’aprile 2013. Ma Dalì, di origini berbere, non è un attore, è laureato alle Beaux Arts de Tunis, ora studia filosofia… ed è in continua lotta con la burocrazia europea per potersi spostare liberamente, come chiunque Deve aver diritto di fare.
Ma ancora quel Mare che ci dovrebbe unire, separa e continua a sputare morti sulle spiagge siciliane.

 

INSTANT COMMUNITY 
Come  “Nella Tempesta”, dove le coperte usate in scena – e portate dagli spettatori –  vengono poi donate ad associazioni per l’assistenza ai migranti di ogni città che ospita lo spettacolo,  la tenda d’emergenza, al di là delle significazioni intrinseche che già come segno evoca, diventa oggetto-materiale da impiegare per altri scopi. Non muore con la fine della performance. È luogo effimero che può essere velocemente montato a Festival, occupazioni e iniziative politiche, per concentrarvi attività di vario tipo: può divenire spazio di incontri, letture, conferenze… essere messo a disposizione di altri artisti per eventuali piccole performance o videoinstallazioni… ospitare chi non ha alloggio o spazio per lavorare… o semplicemente essere allestita a spazio giochi per bambini. Un’eterotopia mobile. 
Questo è il nostro modo di essere nel paesaggio artistico… mettere un tappeto, costruire un riparo… Avere comunque una base che ci distanzia, un distacco che sottolinea la nostra identità, senza però chiudere la cerniera. Lasciare aria alla condivisione, all’attraversamento e soprattutto all’accoglienza. 

Motus prosegue il viaggio dentro 2011>2068 AnimalePolitico Project con un altro “incontro con uomini straordinari”, dopo The plot is the revolution con Judith Malina – che continua a credere con fervore nella «Bella Rivoluzione Anarchica Non Violenta» – Mohamed Ali Ltaief, è stato parte attiva di una rivoluzione – che non definisce più tale – ed è profondamente deluso, ma non rassegnato. 
Come noi.